La bellezza salverà il mondo
F. Dostojevsky
Chi ama il canto non può concepire la guerra o qualunque manifestazione di violenza. Franz Schubert, che amava il canto al punto da comporre, come si sa, oltre 500 lieder, probabilmente non capiva la guerra o qualsiasi forma di violenza.
Ma compose anche delle marce, persino marce militari.
La marcia era una forma che esisteva da tempo, in genere ha forma ABA (in cui A, differentemente dalla forma sonata, torna senza variazioni, come un ordine indiscutibile) e un ritmo "assertivo", ben precisamente scandito, senza dilatazioni o asimmetrie nei periodi o negli incisi.
Ma ritmo e canto non sono elementi facilmente conciliabili, e Schubert è un compositore di melodie pure, più che di ritmi trascinanti. (In questo era di gran lunga più abile Beethoven, monumento vivente per i potenti dell'epoca...).
Congresso di Vienna, dipinto. |
Nell'epoca del Congresso di Vienna, Schubert non si esime dal comporre marce come tanti contemporanei, ma le sue sono troppo "carine", esprimono uno sguardo incantato-disincantato verso il mondo della guerra e delle parate militari, sono affascinate, ma non avvinte da quel ritmo ipnotico, alienante, disumanizzante, poiché nella brutalità di quello riescono a trovarci ironicamente qualcosa ancora di bello e umano.
Franz Schubert |
In particolare nelle Marce D.733, D.819, D.886, tutte per pianoforte a 4 mani (e quale "esercito" possono mai evocare due pianisti in un salotto?) pare sfottere pesantemente le parate da grande impero asburgico con un atteggiamento di superiore distacco più attento all'efficacia di una melodia bella o agli effetti coloristici di certi cambi di tonalità, che trasformino appunto anche i soldati dell'esercito più terrificante in graziosi e ridicoli burattini guardati da lontano, attraverso il vetro di una finestra con le tendine ricamate... (Qui andrebbe ricordato che con la sua vergognosa "Vittoria di Wellington" Beethoven otteneva il suo più importante successo commerciale...!).
Quelle marce non sono certamente le migliori composizioni di Schubert, ma esprimono comunque, curiosamente, proprio nella loro "non riuscitezza", un'insofferenza nei confronti di alcune cose del tempo in cui viveva.
In questo modo il compositore viennese, ligio alla purezza della forma, ma sempre esemplare nell'espressione del suo talento melodico, riesce a fare anche involontariamente un discorso antimilitarista ante litteram: la bellezza vince sulla violenza brutale. Un po' come mettere fiori nei cannoni.
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