domenica 29 dicembre 2013

"Vertigo" e la sospensione dell'incredulità


La prima volta che si vede "La donna che visse due volte" (Vertigo) di Alfred Hitchcock si rimane inevitabilmente molto affascinati dal risultato estetico ottenuto nel film.
Ma c'é qualcosa che non mi convince pienamente, forse la stessa cosa che non convinse pubblico (e critica) dell'epoca (1958): la storia è veramente troppo lontana da qualunque verosimiglianza, molto di più di altri film di Hitchcock.

La prima volta non si riesce a credere veramente che quella donna potesse inscenare così bene tutto insieme al suo complice, sembra tutto troppo fragile, la farsa poteva in ogni momento essere scoperta, da un detective poi!
Riguardarlo una seconda volta cercando tutte le cose poco credibili della trama può essere un'esperienza devastante. Eppure il film conserva fascino. Occorre forse guardarlo una terza volta per capire questo fenomeno.

L'unico modo per salvaguardarsi da quel senso di fastidio che generano certe scene melense o certe soluzioni narrative, è di guardarlo, anzi meglio, "percepirlo", anche dopo averlo visto, quasi come se fosse un sogno, un'allucinazione, qualcosa che in fondo abbiamo già, in altre forme altrettanto assurde, immaginato o sognato anche noi. Se si riesce a fare questo forse se ne può venire a capo nella comprensione della sua grandezza.

Qualcosa di simile allo sguardo che occorre avere per film come "Il grande sonno", dove non bisogna mai chiedersi cosa succede esattamente, ma semplicemente guardare come succede e sapere solo vagamente cosa succede.

Il tema del doppio, dell'altro se stesso, dell'altra donna, o dell'altro uomo, è qualcosa che condiziona le nostre azioni nella scelte della vita, e questo vuole rappresentare il film. Se lo si guarda con un occhio razionale, non se ne viene a capo come non ne verrebbe a capo il protagonista.

Occorre mantenere salda quella che Umberto Eco (da Coleridge) chiama la sospensione dell'incredulità (sembra una contraddizione in termini) anche laddove la narrazione pura non è di aiuto.

Forse sarà anche questa sospensione ad impedire di precipitare nella banalità del razionale e provare la vertigine dell'irrazionale e dell'insensato.

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