E' una musica che spiazza perché è monodica, ossia con una sola linea melodica e senza accompagnamento (e quindi non ha armonia definita), non ha un ritmo scandito da battute tutte di uguale durata e non rispetta l'idea di scala che siamo abituati a percepire abitualmente nell'"altra musica". (Per esempio non esiste l'idea di "sensibile" poiché nessuna nota finale è preceduta da semitono.)
Cosa cercare in questa musica?
Forse nella sua essenzialità una delle migliori guide all'ascolto ce l'ha fornita Guido d'Arezzo indicandoci il carattere di ognuno degli 8 modi possibili:
Il primo è grave, il secondo triste,
il terzo mistico, il quarto armonioso,
il quinto allegro, il sesto devoto,
il settimo angelico e l'ottavo perfetto.
Data per scontata l'importanza del significato e della struttura del testo come per qualunque altra musica cantata, si può cercare di imparare a percepire intorno a quali note, o "gradi", ruota la melodia, o meglio intorno a quali intervalli essa si strutturi.
Nessuno degli 8 modi utilizzati per i canti gregoriani rispecchia fedelmente la scala maggiore o quelle minori che possiamo sentire generalmente in vari tipi di musica. Questo è un punto importante.
La melodia "gravita" e si costruisce intorno ad una nota detta infatti repercussio, la nota che permette l'esistenza stessa del brano, in quanto si "allontana" dalla nota cosiddetta finalis che attirerà su di sé la conclusione del brano o di singole frasi del brano.
Le distanze, ossia gli intervalli, tra finalis e repercussio in ognuno dei modi è quasi sempre diverso.
(Lo schema dei modi riportato su pentagramma in tutti i libri di storia va in realtà inteso come semplice successione di toni e semitoni, infatti non necessariamente i cantori intoneranno esattamente le note riportate nel nostro pentagramma se hanno bisogno di intonare il canto più alto o più basso.)
Questo significa che all'ascolto, per riconoscere il modo e di conseguenza il carattere e il senso di tutto il canto, l'importante è individuare l'intervallo tra finalis e repercussio, e alcune "differenze sostanziali" rispetto alle scale a cui siamo abituati, ossia:
- PROTUS autentico ("grave")
QUINTA GIUSTA
Modo simile alla scala minore, con VI grado alzato, ma che all'occorrenza viene bemollizzato.
Esempio:
- PROTUS plagale ("triste")
TERZA MINORE
Simile alla scala minore, con insistenza sul III grado, quello che di più caratterizza il nostro modo minore, perciò suona "triste".
Esempio:
- DEUTERUS autentico ("mistico")
SESTA MINORE
Una specie di scala minore con quel particolare semitono tra finalis e II grado che la fa sembrare una scala minore che conclude sulla dominante.
Esempio:
- DEUTERUS plagale ("armonioso")
QUARTA GIUSTA
Idem, ma insiste sul IV grado (La), non sul VI.
Esempio:
- TRITUS autentico ("allegro")
QUINTA GIUSTA
Praticamente una scala maggiore con il IV grado alzato, ma a causa della difficile intonazione dell'intervallo "duro" Fa-Si, talvolta il Si viene bemollizzato.
Esempio:
- TRITUS plagale ("devoto")
TERZA MAGGIORE
Sembra il nostro Do maggiore, ma gravita intorno al IV e al VI grado.
- TETRARDUS autentico ("angelico")
QUINTA GIUSTA
Questo è il modo più simile di tutti al nostro modo maggiore, ha solo il VII grado abbassato, ma l'insistenza su una repercussio a distanza di quinta giusta la fa suonare già come le nostre dominanti di modo maggiore.
Esso è infatti il modo dell'inno a San Giovanni da cui Guido d'Arezzo trasse i nomi delle note, che in realtà è scritto in una specie di Sol maggiore... (Il segno iniziale indica il rigo del Do.)
Esempio:
- TETRARDUS plagale ("perfetto")
QUARTA GIUSTAModo che è già un Do maggiore che sembra concludere sulla dominante Sol che funge da finalis.
Esempio:
Grazie mille per il tuo post, molto illuminante e utilissimo.
RispondiEliminaAdoro il canto gregoriano, che trovo grandemente affascinante, anche se purtroppo lo conosco poco.
Un sorriso
Ondina
Grazie a te del commento.
EliminaSono più felice se sono utile ad altri "orecchi curiosi", piuttosto che ad esperti...