giovedì 30 gennaio 2014
Lo sguardo di un bambino ai piedi della Croce
Nella Deposizione di Volterra (1521) di Rosso Fiorentino è rappresentato il momento della deposizione del corpo di Cristo dalla croce.
Il quadro è evidentemente strutturato in due parti, una metà superiore fatta di uomini al lavoro e una inferiore fatta di disperazione.
Oltre al Cristo morto, ci sono dieci personaggi: tra i sei in basso vi sono anche importanti protagonisti del Vangelo (la Madonna, la Maddalena, San Giovanni...) travolti dal dolore per la morte del figlio o dell'amico; i quattro più in alto, sulle scale, sono manovali, intenti semplicemente a tirar giù il corpo dalla croce, in modo brutale, forse anche un po' maldestro.
E poi c'è il bambino.
Il bambino regge la scala. Starebbe con i depositori, è venuto a fare il suo sporco lavoro insieme a loro, ma non riesce ad ignorare come fanno i suoi compagni la tragedia che quasi lo avvolge in una spirale: a due passi da lui una madre ha bisogno di essere sorretta, un'altra donna, in ginocchio, si getta ai piedi di quella, un'uomo si tiene la testa tra le mani e rivolge il viso fuori dal quadro perché non sopporta la vista di tanto dolore per sé e per gli altri.
Il bambino invece guarda ogni cosa, nessuno si accorge di lui in fondo, è lì come puro strumento di lavoro, ma almeno volge lo sguardo verso tutto questo, sembra quasi pronto a lasciare la scala e partecipare a tanto dolore come può, con il suo sostegno. Ma è solo un bambino.
La direzione del suo sguardo è parallela ma opposta alla direzione delle sue braccia, come se fosse costretto a fare il contrario di quello che sentirebbe giusto.
Sembra lui la chiave, il legame tra il mondo sopra la scala e quello che lo circonda a terra. E' il barlume di umanità dell'uomo non direttamente coinvolto.
Stupisce la sua partecipazione fisica passiva al lavoro in contrasto con la sua forte quanto invisibile partecipazione emotiva, quella più umana, al dramma in corso.
E' al centro del quadro, come Cristo morto, ma sotto, è quasi sullo sfondo, un centro intorno al quale lui è forse l'unica persona non in movimento, il movimento è solo dentro i suoi occhi, è forse il personaggio più simile a noi nella nostra quotidianità, che forse non è fatta sempre di tragedie, ma che ogni giorno sicuramente vede le tragedie di tante altre persone che ci circondano, e malgrado la presenza incombente della nostra vita, della nostra scala da reggere metaforicamente in qualche senso, non riusciamo completamente a restare indifferenti.
Come Cristo è dovuto passare dalla croce per portare salvezza all'uomo, così l'attaccamento impotente del bambino alla scala è il calvario che deve percorrere per scoprire la sua umanità: quando si staccherà da essa avrà perso la sua innocenza e sarà anche lui responsabile di quello che gli succede intorno. Dovrà anche lui decidere cosa è bene e dovrà combattere per ottenerlo.
Quel bambino è un monito contro l'indifferenza.
Quel bambino ci salverà.
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