giovedì 27 febbraio 2014

Il nastro bianco: La morte spiegata ad un bambino


"Il nastro bianco" di Michael Haneke è un film sull'educazione.
Fa comprendere esattamente le responsabilità di una società nell'educare i propri figli secondo dei valori assoluti.

All'interno di un villaggio rurale, un microcosmo rappresentativo della società tedesca alle soglie della Prima Guerra mondiale, il senso della vita di ognuno sembra essere profondamente e indissolubilmente legato al senso di colpa proprio e degli altri.

Una delle scene più toccanti del film è senza dubbio [possiamo dirlo?] quella in cui una ragazza, Anna, spiega al suo piccolo fratellino l'esistenza e il senso della morte.

Il bambino viene inquadrato un po' dall'alto delle incrollabili certezze della nostra posizione adulta, ma quei suoi occhi ad un certo punto ci fanno sentire nudi e disarmati: sembra improvvisamente di vedere percorsa la sua anima dal dubbio e dall'angoscia come da un veleno, pur nella fissità dei suoi occhi sbarrati.

Le sue domande sono gli ultimi baluardi di illusioni e speranze che cadono una ad una come petali di un fiore nel mezzo di una tempesta, che resta sempre più indifeso e smarrito di fronte alla Verità così chiaramente rappresentata dalla sorella, che pure ci prova a non essere troppo dura ("Succederà tra tanti anni… Mancano ancora tanti anni..." dice, ripete).

Probabilmente non sono solo la tenerezza e l'ingenuità a commuoverci, quanto la paura di trovare noi stessi in quella presa di coscienza, come se l'abitudine che ormai da adulti abbiamo nei confronti dell'idea della morte, improvvisamente non fosse più tanto scontata: ci angoscia pensare che da quando avevamo l'età di quel bambino, o da quando più in generale abbiamo preso davvero coscienza della mortalità dell'uomo -inteso come il nostro prossimo, i nostri cari, ma anche noi stessi-, qualcosa si sia irrimediabilmente consumato, sia appunto già morto, non solo nel nostro essere fisico, ma anche nella nostra capacità di reagire.

E di certo quel gesto finale di stizza, che potrebbe essere semplice interpretare come un tenero capriccio infantile, noi, fosse anche in una qualsivoglia maniera simbolica, non siamo più capaci di compierlo.

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