sabato 1 febbraio 2014

La bianca figura fa ancora pensare

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
(Dante, Inferno, canto XXVI, vv.118-120)


C'è una figura vestita di bianco nella Scuola di Atene (1509-10) di Raffaello, sulla sinistra, il cui sguardo buca la parete dell'affresco. In quell'affresco quella figura sembra essere altra cosa rispetto al contesto.

Non è al centro come Platone e Aristotele, e non è altrettanto facilmente identificabile perché non sta facendo nulla se non guardarci. Ma è l'unica a farlo, l'unica a chiamarci direttamente in causa in mezzo a tanta sapienza.*

Qualcuno ritiene che sia l'antica matematica Ipazia, qualcun altro Francesco Maria della Rovere, mecenate di Raffaello.
Ma a colpire profondamente è l'unicità del suo atteggiamento, non scomposto, quasi ieratico, quasi a sottolineare l'importanza di noi che guardiamo il dipinto, e quindi ciò che pensiamo, in quanto eredi viventi di tutto quello che si dicono i defunti filosofi intorno a lei.

E' l'unica figura vestita completamente di bianco, forse per simboleggiare la purezza di uno spirito prima che si caratterizzi -e quindi "si colori"- di un proprio pensiero originale. Ed è anche una delle figure meno scoperte fisicamente, quasi che la consapevolezza del proprio corpo debba attraversare anche una consapevolezza spirituale.

Viene voglia di seguirla nel suo incipiente procedere attraverso il dipinto per ascoltare e sforzarsi di capire tutto quel pensiero filosofico sacro per la nostra cultura.

Nel quadro ci sono infatti decine di filosofi di importanza storica e culturale enorme, identificabili per un libro in mano o per un gesto che stanno compiendo proprio in quel momento, tutti stanno interagendo con qualcun altro dentro il dipinto stesso, alcuni lo fanno anche piuttosto animatamente, oppure stanno facendo qualcosa come leggere, scrivere, disegnare o anche solo ascoltare qualcun altro che parla, ma sempre dentro l'affresco. Nessuno guarda -e quindi vive- fuori dall'affresco stesso, tranne quella figura, anzi si potrebbe dire che proprio attraverso di lei vivono e ri-vivono tutti gli altri.

Lei è dunque l'unica (ma è poi una donna?) a non fare nulla se non guardare proprio noi. In quell'ambiente "filosofico" sembra quasi voler dire: "...E tu come la pensi?" oppure anche "Ora tocca a te...", incarnando quel fiducioso spirito rinascimentale dell'homo faber fortunae suae. (Una specie di zio Sam...)

E' come se quella figura, guardando fuori dalla superficie dell'affresco, costruisse un ponte tra il passato glorioso della filosofia antica e il pensiero dell'uomo del Rinascimento, (forse anche "saltando" il Medioevo,) ma evidentemente coinvolge anche le generazioni successive, noi, con l'efficacia pittorica del suo sguardo.

E' uno sguardo che riesce ancora oggi a coinvolgerci in modo molto forte e ci sprona ad essere all'altezza del passato "filosofico" dell'Umanità, continuando in quell'attività che ci distingue dagli animali: pensare.



*Per la verità anche la figura sulla destra, simile a Raffaello, ci guarda da dietro la colonna, ma quella pare più una firma del maestro che un messaggio simbolico, perciò è posta in disparte, quasi nascosta.

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