lunedì 24 febbraio 2014

L'accordo di Tristano: un buco nero musicale


L'accordo iniziale dell'opera, o meglio del Wort-Ton-Drama, Tristan und Isolde di Richard Wagner ha costituito fin dal suo primo ascolto un vero enigma per l'analisi armonica fino ad allora adottata.


Tutte le varie analisi proposte da musicologi o anche compositori molto importanti (si pensi a Schoenberg o Hindemith tra gli altri) colgono qualcosa di profondo nella sua funzione, ma devono sacrificare qualcos'altro per essere sensate.

Di fatto il semplice proliferare di tante analisi dimostra la presenza di un problema reale, imprevisto, per alcuni la crepa che ha iniziato a demolire in modo inesorabile l'intero sistema tonale.
L'effetto di questo accordo sul mondo musicale si può forse paragonare alla scoperta dei numeri irrazionali da parte dei filosofi pitagorici attraverso la radice quadrata di 2.
Alcune analisi riducono la questione ad un accordo di settima di terza specie costruita sul II grado di
Mi bemolle minore (Fa-Lab-Dob-Mib), di fatto cambiando quasi tutti i nomi alle note e immaginando di essere in un improbabile Mib minore invece che nel normale ed evidente La minore (almeno qui).

L'armonia tonale andrebbe analizzata secondo i parametri di chi l'ha codificata a partire dalla fine del Seicento e non secondo le regole dell'enarmonia e del temperamento equabile a cui si era abituati nell'Ottocento soprattutto guardando alla tastiera del pianoforte, regole che per i timbri orchestrali non sono un elemento scontato.

Quindi l'accordo non può essere liquidato come settima di terza specie sul Fa semplicemente dicendo che Sol# è uguale a Lab,  Si è uguale a Dob, Re# è uguale a Mib, poiché la natura del Sol#, soprattutto in tonalità La minore, è quella di dirigersi verso il La naturale, mentre un Lab (in La minore?) si dirigerebbe verso Sol naturale.

E' vero, il Re# scende invece di salire (altrimenti creerebbe quinte parallele), ma va su una nota normale di La minore, il Re, che nell'accordo successivo costituisce la settima dell'accordo di settima di dominante. 

Ora, lasciando alle note i loro veri nomi e dando per assodate le note al basso Fa-Si, le uniche immobili, reali, non alterate, esse sono una quarta eccedente, quindi la fondamentale dell'accordo da analizzare non può che essere un Si, II grado di La minore, con una quinta (Fa naturale) che pure comunemente fa parte di La minore.

Il problema sono di certo quelle altre due note maledette: Re# e Sol#.

Non si può liquidare l'accordo come una generica settima di terza specie neanche su Si (Si-Re beq-Fa-La) con due suoni su quattro (Re-La) preparati da appoggiature (i nostri Re#-Sol#), poiché proprio queste ne alterano la percezione in modo significativo essendo a distanza di quarta giusta, quasi una tonalità di Sol# brutalmente sovrapposta.


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Alcuni esempi di analisi funzionale (non esaustivi) sono i seguenti (tratte da en.wikipedia.org e dal saggio di Nattiez):

1) Per enarmonia l'accordo è una settima semi-diminuita, come sul II grado di Mi bemolle minore:

Ma i nomi delle note sono altri e la tonalità del preludio all'inizio è evidentemente La minore.

2) Sol# è un ritardo su una sottodominante alterata di La minore:
Ma il Sol# è l'inizio di una melodia, non un ritardo.

3) Settima di dominante di La minore, con appoggiature:
Eppure i due accordi non sembrano affatto avere la stessa natura o funzione, indipendentemente dalle appoggiaure che vi si vogliano individuare.

4) Settima minore modificata derivata dal IV grado di La minore (Arend):
Ma proprio il IV grado Re (la fondamentale) sarebbe alterato con un #.

5) Accordo di sesta aumentata derivante sempre da un IV grado (Lorenz) di La minore:
Idem.

6) Sesta francese basata sul II grado di La minore, con il Sol# come nota di passaggio:
7) Dominante della dominante, costruita sempre sul II di La minore, ossia settima di dominante con la quinta abbassata:


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Alcune analisi hanno messo da parte la funzione armonica dell'accordo, le alterazioni o le note di passaggio, appoggiature, ecc., per cercare spiegazioni altrove: nelle melodie che si sovrappongono, melodie basate su cromatismi, elementi fluidi che si fondono e creano inevitabilmente armonie nuove, cangianti.

Anche il ritmo, ossia la durata, altera ed elude la percezione delle solite categorie usate per l'analisi classica.

Nella partitura il Sol# (e di conseguenza tutto quest'accordo dissonante che lo accompagna) ha una durata evidentemente eccessiva per essere una semplice appoggiatura di La e questo La di  risoluzione è troppo breve per non poter essere liquidato come una nota di passaggio. Alla battuta precedente (la seconda) è già un programma la lunghezza del Fa, 5 ottavi su tempo lento, in quanto non è una nota reale dell'accordo di la e in più ha un crescendo.

Se Wagner avesse proposto un più banale...
... forse non ci saremmo arrovellati così tanto, ma forse poi non avremmo avuto Stravinsky, Debussy, Ravel, Prokofiev e molti altri.



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