venerdì 8 luglio 2016

Don Giovanni: orrore atonale

Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore.
(Deuteronomio 8,3)

Una delle prime tracce di serie dodecafonica si trova in Mozart. (!)


Per quanto assurdo possa sembrare infatti, nel finale del Don Giovanni K. 527, quando la statua del Commendatore assassinato canta 

Non si pasce di cibo mortale chi si pasce di cibo celeste,

Arnold Schoenberg
le note corrispondenti al testo seguono un andamento melodico piuttosto ardito: ci sono molte note alterate, intervalli dissonantissimi presentati in successione e in molte battute il canto è all'unisono con gli strumenti, creando qualche inedita ambiguità tonale, mandando di conseguenza facilmente in confusione gli ascoltatori più attenti all'estetica mozartiana e con tutto questo richiamando, anche se ancora molto alla lontana, effetti che saranno scandagliati in modo approfondito solo molto tempo dopo, a partire dalla tecnica della Composizione con 12 suoni (qualcuno l'ha chiamata appunto Dodecafonia) elaborata da Schönberg nel 1923.


Per precisione va detto che quei suoni non costituiscono una serie dodecafonica vera e propria, poiché molte note sono ripetute.



Inoltre la tonalità è molto ben definita subito prima (Re minore) e subito dopo (La minore), per cui la "proto-serie" viene usata solo in quel momento, non solo per modulare, ma evidentemente anche per sottolineare quelle parole.

Ma perché lo fa proprio su quella frase?
Perché utilizza quasi perfettamente una tecnica compositiva che avrà uno sviluppo così importante, nel '900, più di un secolo dopo?
C'è qualcosa in quelle parole che può farci intuire il senso di quella scelta?

In quel momento un fantasma parla del suo modo di essere, il Soprannaturale parla del Soprannaturale, anche se non abbiamo chiaro cosa sia questo "cibo celeste" a cui si allude, ma è quindi una cosa non descrivibile con un procedimento musicale facilmente comprensibile come una "naturale" tonalità, neppure banalmente minore.

Si potrebbe quindi associare il "cibo mortale" nominato nel testo al concetto di tonalità, e chi si pasce di "cibo celeste" (Commendatore o Mozart?) non ha certo bisogno della tonalità per esprimersi, nè tantomeno teme il territorio ancora all'epoca inesplorato della a-tonalità o pan-tonalità.
Tuttavia la tonalità, sorta di magico fuoco di Prometeo concesso agli uomini nonostante varie vicissitudini teoriche secolari, col senno di poi si potrebbe intendere sia come cibo mortale/per i mortali, sia come cibo mortale/deperibile, quindi destinato a deteriorarsi, perché destinato a perdere senso, fino all'affermazione estrema, un secolo dopo, dell'atonalità-pantonalità, quindi infine anche del sistema dodecafonico-seriale.

In un certo senso Mozart ha nascosto una specie di sua profezia musicale in una frase del libretto di Da Ponte che voleva riecheggiare più semplicemente un passo biblico (e poi evangelico). (Deut. 8,3 - Mt 4,4)

Mozart, che umanamente si sentiva più simile al don Giovanni che al Commendatore-fantasma-moralista, era consapevole, da grande artista, di essere destinato all'immortalità attraverso l'intelligenza della sua musica, e ci dimostra qui come sappia già pascersi di cibo "musicale" celeste, usando proprio il linguaggio musicale del futuro. E la sua legge morale è nella sua musica.

Il compositore, più noto per le sue pagine apollinee, usa sia nell'Ouverture che in questa scena del Don Giovanni una scrittura tragica che aveva usato (K. 183) e che userà (K. 550) anche altrove, partendo da espedienti dello "Sturm und drang musicale", cioè tonalità minori, ritmi sincopati o puntati, tremoli, intervalli eccedenti o diminuiti (ce ne sono 3 su chi si pasce di cibo: 7a dim., 4a dim. e 5a dim. segnati in blu), drammatica alternanza tra soli-tutti o tra unisoni-scrittura armonizzata, ma in questa scena, poichè vuole descrivere l'Orrore, va molto oltre, spingendosi al limite di intelligibilità della scrittura tonale dell'epoca.

Mozart non poteva prevedere le guerre mondiali o i genocidi del '900, ma riesce già a dirci che si doveva per forza andare in direzione della distruzione (o dell'elusione) della tonalità per descrivere il vero Orrore.



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