martedì 22 aprile 2014

L'ultimo Re della Morte

Der Tod und das Mädchen, 1912, Elna Borch
La Morte e la Fanciulla ("Der Tod und das Mädchen") è un famoso lied di Franz Schubert che suscita una grande impatto emotivo con poche battute e una melodia fatta quasi di niente, di un'unica nota ribattuta, come l'Allegretto della Settima Sinfonia di Beethoven, di cui sembra riprendere anche il ritmo.

Il testo è composto da appena 8 versi, divisi tra i due personaggi.

Das Mädchen:
Vorüber, ach, vorüber!
Geh, wilder Knochenmann!
Ich bin noch jung, geh, Lieber!
Und rühre mich nicht an.

Der Tod:
Gib deine Hand, du schön und zart Gebild!
Bin Freund und komme nicht zu strafen.
Sei guten Muts! Ich bin nicht wild,
Sollst sanft in meinen Armen schlafen!
(Mathias Claudius)


La fanciulla:
Via, ah, sparisci!
Vattene, barbaro scheletro!
Io sono ancora giovane; va', caro!
E non mi toccare.

La Morte:
Dammi la tua mano, bella creatura delicata!
Sono un'amica, non vengo per punirti.
Su, coraggio! Non sono cattiva,
dolcemente dormirai fra le mie braccia!

Disegno di H. Högler per il lied di Schubert
La morte e la fanciulla
La contrapposizione tra i due personaggi è resa perfettamente dal trattamento musicale di Schubert.

Dopo l'introduzione funebre sulla melodia che poi sarà della Morte, la fanciulla attacca con un carattere concitato, fatto di note diverse, anche alterate, ritmi diversi, crescendo, semiminime puntate e crome, pause quasi di affanno, dolorosi intervalli di semitono, un do# ribattuto con ritmo puntato, aspri accordi di settima diminuita, accordi ribattuti su ritmo di terzine al pianoforte che esprimono in modo subliminale uno stato d'animo agitato, e l'alternanza tra le due mani che suggerisce l'immagine di uno scomposto tentativo di fuga; dopo una rapida ma faticosa ascesa con cromatismi, c'è una discesa per intervalli diatonici ormai di rassegnazione, che rallenta fino al ritmo iniziale.

Quando a parlare è la Morte, lo fa in modo calmo, si muove in un registro più grave, anch'essa sale e poi scende, ripetendo ossessivamente ma placidamente prima un Re, poi un Fa, poi di nuovo il Re, e oltre a queste canta poche altre note su un ritmo sempre uguale in un pianissimo sempre più prossimo al silenzio.

Il Re maggiore finale trasforma la marcia funebre iniziale in una cupa ninna nanna.

Un grande senso drammatico è dato -nel testo- non solo dall'ineludibile e ineluttabile elemento soprannaturale della Morte personificata, non solo dal fatto che a soccombere è una giovane vergine che della vita ancora ha visto poco o nulla, ma anche -nella musica- dalla inevitabile scelta, legata alla natura stessa della forma del lied, di far interpretare al medesimo cantante entrambi i ruoli,  consentendo così una volta di più alla Morte di impadronirsi dello stesso corpo (sonoro) che poco prima era stato della fanciulla.

Il cantante diventa così inconsapevolmente complice, e quindi anch'egli "vittima", di questa operazione degna di un esorcismo, un esorcismo che dovranno compiere insieme l'interprete stesso e l'ascoltatore, tirando fuori da quell'incubo se stessi, magari con l'inchino e l'applauso finale, e magari illudendosi solo per il tempo di un lied che la Morte sia esclusivamente un personaggio immaginario e che possa prendere solo ipotetiche fanciulle indifese.

Sull'ultima sillaba della Morte ("schlafen", dormire) Schubert indica sullo spartito due note possibili, due Re a distanza di ottava, lasciando all'interprete la possibilità di scegliere quello che riesce ad intonare meglio.

La Morte intonerebbe quello più grave, ma la maggior parte dei cantanti sono solo esseri umani.

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